La penisola
Quando non hai più niente da dire, guida
per un giorno intorno alla penisola.
Il cielo è alto come su una pista di decollo,
la terra non ha segnali: non c'è arrivo
ma un attraversamento, pur sempre raso allo strapiombo.
A sera gli orizzonti si bevono i mari e i colli,
il campo arato ingoia il timpano sbiancato a calce
e sei di nuovo al buio. Ricorda, adesso,
il litorale smaltato e il ceppo controluce,
lo scoglio dove i frangenti si sbrindellavano in stracci,
gli uccelli sospesi sui lunghi trampoli,
isole galoppanti nella nebbia verso il largo,
e guida verso casa, ancora con niente da dire,
tranne che ora puoi decifrare ogni paesaggio
con questo: cose fondate sulla propria forma e basta,
acqua e terra ai loro estremi.
mi piace, luminosa, direi mediterranea, se fosse opera di un poeta greco non mi meraviglierei. a me parla soprattutto dell'ispirazione poetica. dell'esperienza come base pragmatica della poesia, o comunque del discorso. con una buona dose di consapevolezza,rivelata nel verso finale: cose fondate sulla propria forma, e basta. dove il succo sta in quel: e basta. ci sono ottime immagini: isole galoppanti nella nebbia verso il largo, ma anche: a sera gli orizzonti si bevono i mari e i colli.
RispondiEliminaRischio di riscrivere il commento di Paolo P. Anch'io apprezzo la bellezza ed il nitore delle immagini usate: gli orizzonti che si bevono i mari e colli, le isole galoppanti nella nebbia, il campo arato che ingoia il timpano sbiancato a calce, il litorale smaltato...
RispondiEliminaC'è la ricerca della concretezza e, nello stesso tempo, la sua lettura secondo altre chiavi che ne rivelino la magia.
"Cose fondate sulla propria forma e basta" (essendo paolaebasta dovrei capirne qualcosa, invece... Seamus, aiuto!
RispondiElimina-paolaebasta-