ROSARIA FIORE

LUCE

Come mi sento piccola, sai, nella radura.
Longitudine, la tua dimensione.

A te appartiene il dare senza tornaconto
la gratuità assoluta della grazia.

Io sto pregando, vedi, per la leggerezza
sto faticando per non far rumore.

Tu sei la prima volta INUTILE.
Stupore,
la bellezza.

GIOVANNA SICARI

Non invecchiare, non morire
resta così come in quella foto sospesa d'estate
nel maggio luglio delle azalee
col fiore all'occhiello e l'alito di gioventù
senza ferire senza morte senza anni

LAURA PUGLIA

Tra zero e uno
lo spazio è un vortice incolmabile
tra il nulla e il continente
irraggiungibile. Annaspo nei decimali
all'infinito. Mi perdo e non arrivo.
Ma la mela esiste
te la disegno te la taglio
te la seziono nelle componenti
lo stato solido e acquoso e l'aroma
di viola. Ed è proprio una mela.
Il numero Uno
l'irraggiungibile
nella teoria proposta dall'accusa.
La linea di difesa è proprio
questa mela.

SONIA TRI

Dove credi di andare?
Vieni qui, stai con me.
Misuriamoli assieme
i perimetri dell'esistenza
sembrano infiniti
ma non lo sono.
Puoi tenerli in tasca
con qualche spicciolo
e mostrarli
a chi ami:
nessun altro
ti crederà.
E' solo per amore
che si crede a tutto
e quando si smette d'amare
non si crede più a niente.
Hai visto
le api di marzo?
Si accontentano
di fiori
non ancora sbocciati
e gironzolano
dove la parvenza di quelli
le conduce ad annusare.
L' immaginazione
è terra promessa.
Ma tu,un ulivo,
puoi piantarlo anche qui
dove siamo seduti adesso.
c'è abbastanza terra
nei nostri pensieri.

OCTAVIO PAZ

Quest'ora ha la forma di una pausa
La pausa ha la tua forma
Tu hai la forma di una fontana
non d'acqua ma di tempo
In cima allo zampillo della fonte
saltano i miei pezzi:
fui sono non sono ancora
La mia vita non pesa
Il passato si assottiglia
Il futuro è un po' d'acqua nei tuoi occhi.

WISLAWA SZYMBORSKA

Fotografia dell'11 settembre



Sono saltati giù dai piani in fiamme -
uno, due, ancora qualcuno
sopra, sotto.

La fotografia li ha fissati vivi,
e ora li conserva
sopra la terra, verso la terra.

Ognuno è ancora un tutto
con il proprio viso
e il sangue ben nascosto.

C'è abbastanza tempo
perché si scompiglino i capelli
e dalle tasche cadano
gli spiccioli, le chiavi.

Restano ancora nella sfera dell'aria,
nell'ambito di luoghi
che si sono appena aperti.

Solo due cose posso fare per loro -
descrivere quel volo
e non aggiungere l'ultima frase.

WALLIS WILDE-MENOZZI

Siamo qui insieme



Ci siamo raggiunti l'un l'altro
senza l'aiuto di mappe.
Le città che ci confinavano
si ergono come grandi paesi di collina
troppo distanti per condurvi l'altro.
I nostri ricordi sono silenziosi verso l'altro;
i miei sono colorati, i tuoi in bianco e nero.
Questo è, forse, ciò che colpisce
stando in questo cortile
dove una fontana con una bocca di leone aperta
stilla goccia a goccia
in una pozza muscosa
e lunghe ombre screziate giocano lungo un muro rossastro
che magari l'inverno scrosterà.
Siamo qui insieme in questa luce tenue.
I nostri visi tornano a separarsi
e ci guardano attraverso un sole riflesso,
prima d'essere nuovamente inondati di luce
e ondeggiare quasi divenendo uno.

GYULA ILLYES

Visitatori



Sto scrivendo. Entra un odore di pesce,
silenzioso, augura il buon giorno
al mio naso, ai polmoni, al cuore.
“ Mi manda il lago. Come va?”. “Va“.

Sul tavolo gli impegni premono
ma non mi riesce di lavorare.
Un altro ospite. Profumo di funghi?
Il bosco dietro alla montagna penetra dalla finestra.

Poi, con febbre da innamorato,
un pioppo, quasi balbettando.
E un campo, con tintinnante allegria,
fresco di concime primaverile.

Un camino, col fumo degli sterpi,
la mucca del vicino, muggendo,
tutti i fili d'erba del prato,
i cirri del cielo.

E mi spiegano, fraternamente,
che è bello vivere, che si deve e si può:
i miei occhi non sanno trattenersi,
rispondono col pianto.

ELISEO DIEGO

Nominerò le cose



Nominerò le cose, i risonanti
ultimi piani che il vento corteggia,
gli ànditi profondi, i paraventi
che si chiudono all'ombra ed al silenzio.

Dirò gl'interni sacri, la penombra
che solcano gli uffizi polverosi
e il legname dell'uomo, il notturno
legname del mio corpo quando dormo.

La povertà della casa, la polvere
dove testarono le orme paterne,
luoghi di pietra limpida e sicura,
spogliati d'ogni ombra, sempre uguali.

Non dimentico la pietà del fuoco
nel rigore della casa distante
né il lieto sacramento della pioggia
nell'umile corolla del mio parco.

Né il tuo stupendo muro, mezzogiorno,
indaco, terso, interminabile.

Con l'immobile sguardo dell'estate
il mio affetto conoscerà i sentieri
per cui fuggono le avide domeniche
e tornan lunedì, a capo chino.

Nominerò le cose, così lento
che quando avrò perduto il paradiso
della mia via, che l'oblio muta in sogno,
possa chiamarle di colpo con l'alba.

SALVATORE QUASIMODO

Oboe sommerso



Avara pena, tarda il tuo dono
in questa mia ora
di sospirati abbandoni.

Un oboe gelido risillaba
gioia di foglie perenni,
non mie, e smemora;

In me si fa sera:
l'acqua tramonta
sulle mie mani erbose.

Ali oscillano in fioco cielo,
labili: il cuore trasmigra
ed io son gerbido,

e i giorni una maceria.

MARIO BENEDETTI

Ti amo



Le tue mani sono la mia carezza
i miei accordi quotidiani
ti amo perché le tue mani
lavorano per la giustizia

se ti amo è perché sei
il mio amore la mia complice e tutto
e per la strada fianco a fianco
siamo molto più di due

i tuoi occhi sono il mio esorcismo
contro la cattiva giornata
ti amo per il tuo sguardo
che ammira e semina futuro

la tua bocca che è tua e mia
la tua bocca che non s'inganna
ti amo perché la tua bocca
sa gridare ribellione

se ti amo è perché sei
il mio amore la mia complice e tutto
e per la strada fianco a fianco
siamo molto più di due

e per il tuo viso sincero
e il tuo passo vagabondo
e il tuo pianto per il mondo
perché sei popolo ti amo

e perché l’amore non è aureola
né candida morale di fiaba
e perché siamo una coppia
che sa di non esser sola

ti voglio nel mio paradiso
vale a dire che nel mio paese
la gente viva felice
benchè non ne abbia il permesso

se ti amo è perché sei
il mio amore la mia complice e tutto
e per la strada fianco a fianco
siamo molto più di due.

MATTEO GRECO

La nostra bella ignoranza



Dove ci portano le gambe?
Dove scendiamo con la resina
Nelle vene del tempo e degli abeti,
Quali segreti staremo pedinando
A bocche cucite
A piedi spenti?

Cosa sta scendendo nel fondale
Di nebbia e di giubbotti, nelle piazze,
Dove vanno, avanti e indietro
I cuori chiusi nei cappotti?

Cosa dici che facciamo
Quando cammino nella pioggia e nei tuoi occhi
E tu vuoi arrampicarti per i miei
Quando ci stiamo rincorrendo
Su e giù infinite volte
Per le labbra,
Cosa si starà vedendo
Da sopra le costellazioni?
Staremo facendo un po’ di luce
O una qualche forma di bene all’universo
A ballare insieme una canzone
A guardare il mondo
Nello stesso verso,
staremo togliendo
alle strade di ottobre un po’ di fame
e alle nostre menti un po’ di morte
mentre stiamo andando
appaiando orme per le strade
nel cuore ventoso della notte?

FRANCIS HARVEY

Fabbricanti di pioggia



Scuotiamo i giovani faggi
gravidi di gocce di pioggia:
rovesci localizzati che bagnano
solo me e te; gli
stregoni, ne convengo, sanno fare
di meglio, ma questa è
prestazione personale,
clima privato. Ascolta
le risate mie
e di mia figlia sotto
i faggi goccianti.

ODISSEAS ELITIS

Domenica (Pasqua)



Giornata limpida, diafana. Sotto forma di
monte immobile appare il vento là verso occidente.
E il mare con le ali ripiegate, in basso, sotto la finestra.

Ti viene voglia di volare in alto e da lassù distribuire
in dono la tua anima. Poi scendere e, intrepido,
prendere nella tomba il posto che ti appartiene.

BERNARDO QUARANTA

La penna



Nel mio quaderno
ci sono penne di tutti i colori
Con la matita
Con la penna blu
Con quella nera
O rossa
Ogni penna ha dato il suo sangue
E il mio sangue
su che quaderno è finito?

SEAMUS HEANEY

La penisola



Quando non hai più niente da dire, guida
per un giorno intorno alla penisola.
Il cielo è alto come su una pista di decollo,
la terra non ha segnali: non c'è arrivo

ma un attraversamento, pur sempre raso allo strapiombo.
A sera gli orizzonti si bevono i mari e i colli,
il campo arato ingoia il timpano sbiancato a calce
e sei di nuovo al buio. Ricorda, adesso,

il litorale smaltato e il ceppo controluce,
lo scoglio dove i frangenti si sbrindellavano in stracci,
gli uccelli sospesi sui lunghi trampoli,
isole galoppanti nella nebbia verso il largo,

e guida verso casa, ancora con niente da dire,
tranne che ora puoi decifrare ogni paesaggio
con questo: cose fondate sulla propria forma e basta,
acqua e terra ai loro estremi.

GIOCONDA BELLI

Musica da camera



Violini. Le mie gambe si alzano.
Allegro ma non troppo.
Sottovoce.
Dolcemente inizia l'ouverture.
Tamburo. Il mio ventre risuona come forgia.
Tante volte ti ho conservato la musica.
E, ciò nonostante,
il tuo arco insistente
genera nuovi adagi, fughe.
Trombettiere di fuoco.
Annunciati!
Ti ricevano i miei lamenti di soprano
e la tua voce di baritono risponda esaltata.
Indugia inizialmente il violoncello,
gli archi prima del clavicembalo,
o del piano.
Dopo fà ciò che desideri
spèttinati dirigendo l'orchestra.
Riecheggino i venti,
e applauda,
febbricitante,
il pubblico.

EAVAN BOLAND

Fiori di mezzanotte



Scendo passo dopo passo.
La casa è tranquilla, piena di calore intrappolato e di riposo.
In cucina tutto è fermo.
Niente è distinto; non c'è luna di cui parlare.

Potrei essere distrutta ogni singolo giorno dal
paradosso o da ciò che in campagna chiamano
inverno del pruno,
quando la grandine arriva insieme al primo bocciuolo di melo.

Spingo un tasto e il giardino fiorisce.
Il lavoro d'un'intera estate in un momento!
Premo il viso contro il vetro. Posso vedere
ombre di lillà, di fucsia; un'oscura parvenza di ribes:

piccoli fruitori dell'immediatezza, quanto cupi sono essi ai
margini della luce.
Non richiedono pioggia, non hanno radici.
Tendo una mano; se ne sono andati.

Quando ero bambina una bocca di leone mi venne
tenuta ad un centimetro dal viso. Guarda, disse una voce, questo
è il colore dei tuoi capelli. E così fu, la mia testa,
un compiacente gioiello nelle mani di qualcun altro.

DEREK WALCOTT

Mezza estate, Tobago



Larghe spiagge lastricate dal sole.

Calore bianco.
Una fiumana verde.

Un ponte,
gialle palme bruciacchiate

giù dalla casa in letargo estivo
appisolata per tutto l'agosto.

Giorni che ho stretto
giorni che ho perduto,

giorni che sono troppo grandi, ormai, come figlie,
per rifugiarsi nel porto delle mie braccia.

WISLAWA SZYMBORSKA

Scorcio di secolo



Doveva essere migliore degli altri il nostro XX secolo.
Non farà più in tempo a dimostrarlo,
ha gli anni contati,
il passo malfermo,
il fiato corto.

Sono ormai successe troppe cose
che non dovevano succedere,
e quel che doveva arrivare
non è arrivato.

Ci si doveva avviare verso la primavera
e la felicità, fra l'altro.

La paura doveva abbandonare i monti e le valli,
la verità doveva raggiungere la meta
prima della menzogna.

Certe sciagure
non dovevano più accadere,
ad esempio la guerra
e la fame, e così via.

Doveva essere rispettata
l'inermità degli inermi,
la fiducia e via dicendo.

Chi voleva gioire del mondo
si trova di fronte a un compito
irrealizzabile.

La stupidità non è ridicola.
La saggezza non è allegra.

La speranza
non è più quella giovane ragazza
et caetera, purtroppo.

Dio doveva finalmente credere nell'uomo
buono e forte,
ma il buono e il forte
restano due esseri distinti.

Come vivere? - mi ha scritto qualcuno
a cui io intendevo fare la stessa domanda.

Da capo e allo stesso modo di sempre,
come si è visto sopra,
non ci sono domande più pressanti
delle domande ingenue.

VALDO IMMOVILLI

Per anni ti ho annusata
convinto che fosse lì, nel ventre tuo
il centro del mondo,
la porta che apre le mie ali di uccello.
Là, dove volammo via.

Il tuo viso era per me come
un convento monaco
che la clausura adorna di nidi sacri e profumo.

L'odore dell'erba e dei cipressi
entra in me senza sosta
ed io mi sciolgo nell'aria mite dell'estate.

Galleggio, sui pini e sulle querce
mi riconosco.

LUCIANO TALLONE

Il passo dei montanari



Diffido delle banalità
dell'architettura di certi sorrisi
le parole patinate, i tatuaggi
gli sguardi limitati, gli estetismi

Ammiro il passo
misurato dei montanari
e quelle parole sgrossate
dalle braci dell'anima

La pelle antica dei seminatori
che hanno occhi
per interrogare le nuvole
e zigomi da prestare al vento.

LUCA MANES

Un sospiro all'angolo, da due punti



Non sono re neanche del mio foglio.
Il bianco non lo comando,
La penna non si colora dei miei occhi.

Mi piace, come un elegante abitino, mettere le cornici alla porta.
Adornare le pareti con stelle e quadri.
Fare il ripieno all'agnello.

Lo scrittore signoreggia il cavallo del potere.
Ha poi le mani legate, da carcerato.
Un sospiro all'angolo, da due punti.

Un cielo spento di qui. Abbagli e lune la pagina dopo.
La frase senza punto. Le virgole dappertutto.
La parola senza fiato, persa. Una rinascita un po' più in là.

Eppure vigila su di me uno sguardo antico.
La scrittura che non smette di parlare.
Come l'usignuolo all'alba.

attribuita a JORGE LUIS BORGES

Se potessi vivere di nuovo la mia vita



Se potessi vivere di nuovo la mia vita
Nella prossima cercherei di commettere più errori.
Non cercherei di essere così perfetto, mi rilasserei di più.
Sarei più sciocco di quanto non lo sia già stato,
di fatto prenderei ben poche cose sul serio.
Sarei meno igienico.

Correrei più rischi,
farei più viaggi,
contemplerei più tramonti,
salirei più montagne,
nuoterei in più fiumi.

Andrei in più luoghi dove mai sono stato,
mangerei più gelati e meno fave,
avrei più problemi reali, e meno problemi immaginari.

Io fui uno di quelli che vissero ogni minuto
della loro vita sensati e con profitto;
certo che mi sono preso qualche momento di allegria.

Ma se potessi tornare indietro, cercherei
di avere soltanto momenti buoni.
Chè, se non lo sapete, di questo è fatta la vita,
di momenti: non perdere l'adesso.

PAOLO POLVANI

Buongiorno


Al suo paese Aziz è un ingegnere.
Qui fa il lavavetri a un incrocio,
ai semafori di via regina Margherita.

E' abituato ai dinieghi Aziz, li scorge
oltre i parabrezza, a volte
somigliano a minacce.

Nessuno gli ha mai detto: Buongiorno ingegnere !

Del resto non è scritto
sulla bottiglia con l'acqua e con la schiuma,
sul raschiello, sulle mani e nemmeno
sul viso in bilico tra il sorriso e la disperazione.

Però nessuno gli ha neanche detto: Buongiorno Aziz !
A pensarci bene nessuno gli ha mai detto: Buongiorno.

ROSARIA FIORE

Ode alle donne che t'hanno amato


Nei vincoli oscuri la città delle donne
ha eretto monumenti di cipolla,
li dovresti vedere così eterei e vaghi,
sfoglie di te che svestono l’aurora.

Così ci svestimmo noi d’ogni pudore
nel dirti e farti la passione nuda
e tutte belle eravamo
di desiderio e di dissolutezza
lascive e dignitose.

Non credo che qualcuna
abbia mai smesso di essere la migliore, amandoti
o sia scesa più in basso della decima luna
lì dove nulla poteva l’arroganza o l’oltraggio.

Non credo che qualcuna
abbia mai smesso di essere la più dolce
quando tiravi fuori dal tuo panierino
il discorso precotto dell’addio.

Io le ho viste coi fiori d’ibisco nei capelli
sembravano perdute e senza più miracoli
venivano a dipingerti con lo zafferano
venivano con la bocca piena di morsi e sale.

Ma i suoni di questa città non consentono il pianto
ci sono venti soffici di consolazione
avrai un nuovo ritratto su sfoglia di cipolla
parleremo fra noi, senza disperazione

e forse rideremo, un giorno, quando il vento
avrà finito di attraversare il rimpianto
quando cipolla o non cipolla avremo lacrime,
ma quelle buone come il vino chiaro.

PAOLO POLVANI

Un sogno appeso ai fili dell'estate


Livorno si sdraia nel giubilo del sole, nella
lungimiranza dell'orizzonte, in grembo
alla generosità di maggio.

Che meraviglia questo mare che non rasserena.
Ci sono finiti dentro i nostri anni, e i nonni
ci si specchiano dal cimitero di Antignano.

Livorno recita la sua parte di spensieratezza
e di colline. In via Bonaini, al civico ventuno,
un bambino giocava accucciato al pavimento.

Sono qui a cercarlo, a cercare la sua mamma
giovane e bruna, che adesso è vecchia
e un po' farnetica. I filobus sferragliano
e Pancaldi è un sogno appeso ai fili dell'estate.

A volte una città diventa le tue gambe
parla come se fosse le tue mani, la sua
voce sono i tuoi capelli.

Anche quel bambino è invecchiato, e forse per via
di quell'accento arioso, un po' insolente
si è sentito perso, estraneo, dovunque, sempre.

Livorno è una vecchia fidanzata
che non dimentichi, ma poi gli anni, le piogge,
passano tanti treni. E il fruttivendolo ?

Si chiamava Brunero, gli rubavo le ciliegie.

ELVIRA MANCO

Una telefonata


Ti informo che sto destrutturando
il vivibile. Il disegno non s’incastra.
Ho da coprire uno spazio di ore
con la sequenza soffocante dei minuti.
Ti informo che non ascolterò
le inezie della tua giornata né
farò finta di non sentire
che la tua linfa scorre altrove.
Mi lascerò incancrenire nell’istante
in cui mi dici che tutto va bene
e che non c’è bisogno di urlare.
Mi lascerò murare dietro
la tua porta chiusa se questo
può servire a lasciare un segno
l’indicazione di un passaggio.
Ti informo che sono qui e non
mi muoverò fino alla fine dei
miei giorni che il passare delle
stagioni logorerà prima i miei abiti,
la pelle, mi lascerà cadere ciocche
di capelli, fiocchi di emozioni,
resterò scarna ed essenziale come
fossile inglobato nella roccia.
Ti informo che sono a casa.
Che la mia casa è un punto
preciso nella mia anima.
Che la mia anima se n’è andata.

CZESLAW MILOSZ

Preparativo


Ancora un anno di preparativi.
Domani al più tardi inizierò a lavorare a un grande libro
nel quale il mio secolo apparirà come realmente è stato.
Il sole si alzerà sopra i giusti e i malvagi.
Primavere ed autunni infallibilmente torneranno,
in un boschetto umido un tordo si costruirà un nido rivestito d'argilla
e le volpi apprenderanno della loro natura di volpi.

E questo sarà l'argomento, più le aggiunte. Quindi: eserciti
che attraversano pianure ghiacciate sbraitando bestemmie
in cori di mille voci; il cannone d'un carro armato
che irrompe immenso a un angolo di strada; la corsa nel buio
in un campo con altane e filo spinato.

No, non accadrà domani. Tra cinque o dieci anni.
Penso ancora troppo alle madri
e chiedo cosa sia l'uomo nato da una donna.
Egli si rannicchia e si protegge il capo
mentre viene scalciato da pesanti stivali; in fiamme, correndo,
arde di vampa lucente; un bulldozer lo spazza in una cava d'argilla.
Suo figlio. Un orsacchiotto tra le braccia. Concepito in estasi.

Non ho ancora imparato a parlare come dovrei, tranquillamente.

ROSARIA FIORE

I bambini che dormono da soli


Ho contato le gocce per una notte intera,
non pioveva, nessuno si era tagliati i polsi.
Ho trattenuto i pensieri, il suono rimaneva.

Ho calcolato il numero di gocce per minuto
aspettando qualcosa a liberarmi
un tocco, un respiro, un verbo sussurrato.

I bambini che dormono da soli
ascoltano, le tempie sul cuscino,
il sangue della notte che cammina.

OTTIERO OTTIERI

Vi amo


Tra i montarozzi di neve marcia
e i lenti spalatori del sud,
io vi amo non voluti figli,
figli non voluti dei figli.
Vi amo voi stessi perché esistete
e come strumenti che prolunghino
i pensieri buoni delle mie menti,
mi aggiornino sulla perduta
gioventù, sul mondo
che cavalca il Duemila.

MATTEO GRECO

Neve


Il cielo scende nel giardino
Il cielo prende i taxi e prende i treni e prende gli autobus
Il cielo è nelle tasche dei cappotti
Scende nei seminterrati
Scende
sino all’ultimo gradino

Col telecomando alla finestra
Mando tutto indietro

Non riempitemi di cielo
Salgo su io
A mungere le nuvole
A far fioccare i giorni
Salgo io
A ordinare metri di fine settimana
Camion pieni di pomeriggi di lavoro
E qualche sacco di ore di calcetto

Siamo nati per farci la pioggia a un pentolino
mentre si incendiano le stelle
Per bagnarci sotto un temporale di cognomi
Per comprare astri e vendere progetti
Parlo di cose che succedono, di mani che trasformano
E vediamo se sei una supernova
E vediamo se sei abbastanza nuova
Per me.

Scommettiamo che ho una testa più capiente
Dell’ufficio di lavoro?
Mani più erbose
Gambe e vento
Petto e vulcani
Pancia e oceani
Scommettiamo che domani
Darò una mega festa
Coi miei mostri che suonano sul palco
E una ciliegina di paura in cima al cocktail?
Scommettiamo
che mi divertirò?

Sono nato per sporcare di fango la via lattea
Per non pulirmi i piedi in mezzo alla foresta
Per inquinare di fiato e di bestemmie e di alfabeti
Il vuoto in mezzo agli astri
Per nevicare
come dico io
Desiderio sopra desiderio
Domanda sopra dubbio sopra incomprensione
Passo dopo passo dopo passo
Dal cielo a qui
Per resurrezioni inverse.

Sono nato
Per traslocare paradisi.

MARINA MARIANI

I miei amici
non mi cercano, non m'invitano a pranzo,
non mi telefonano mai;
non mi mandano auguri per Natale
ma sono miei amici.

Non mi fanno regali,
non m'aiutano a vivere
con raccomandazioni o altre cose;
ma mi aiutano a vivere
perché sono miei amici.

Noi non c'incontriamo in piscina,
non combiniamo le vacanze insieme,
non facciamo progetti di lavoro.
Non ci portiamo scambievolmente le sigarette
né la busta del latte
quando l'altro è ammalato;
n on ci raccontiamo i reumi e le tasse.

Non ci facciamo carezze d'amore
né di solidarietà
né di pietà.

Pure - bisogna dar credito
al prodigio; e la geometria
non è favola -
le nostre esistenze parallele
s'incontrano in un punto
all'infinito.

LIA LOTTI

In questa diaspora di segni non
mi desti una bussola o carte o un
sapere certo, mi desti
la poesia. Nuda vado
col mio piccolo dono cucito
sottopelle. L’unico nerbo
che dèsta il mio spirito, vate
ultimo e fido che mantiene
la mia rotta nelle labili lande
spazzate dal vento e
dalla luce.

MATTEO GRECO

Preghiera

Ricordami
del foglio bianco da dove veniamo
liberami dalla presunzione
di avere i piedi bagnati d’inchiostro.

Donami i giorni
uno alla volta
perché non so
centellinare la grazia.

Tienimi lontano
dai piani superiori
che non mi capiti di pensare
di indossare i tuoi occhiali.

Avvicinami a capire
che non c’è niente da dire:
che io smetta di frugare
sotto la lingua e dentro le orecchie.

Liberami dalle mie ansie
di liberazione
perché sono già
senza catene.

PAOLO ZANARDI

Insegnami
la trasparenza d'una poesia che scorra
profondamente nell'autunno,
la dolce morte dell'erba
in un lago di sole.
Raccontami l'atea quiete
della preghiera,
il religioso ondulare
di barche ormeggiate nella baia
in varia solitudine.
Insegnami
l'estremo confine dei baci

quelli infiniti, quelli
già dimenticati.

ELVIRA MANCO

Mi manca

E’ un travaglio modulare
questa ricerca in te di me:
a scarnitura mi cerco
l’osso del cuore
un sasso che fermi
lo spaginarsi.
E qualcosa mi manca
e ho fame, sete, freddo,
ho la febbre alta,
ho chiodi di ruggine
in tutti gli anfratti del corpo,
e il respiro è questa
vivida sonorità del dolore
mentre ti porgo la giacca
o se parlo al telefono
e quando mi scorre
l’acqua della doccia
e mi sfrego la carne
perché qualcosa esca
forse ho i pori ostruiti
e la pelle non mi lascia
respirare
forse se asciugo bene
i capelli
e quando avrò pulito
le piastrelle del bagno
quando avrò riordinato
i cassetti
vuotato la pattumiera
lavato le camicie
allora forse un giorno
m’accadrà di guardarti
dentro al mio specchio
e mi sentirò
respirare.

VALDO IMMOVILLI

Eccoci, inermi
come pesci in uno stagno rinsecchito.

Divisi a metà tra la bestia che ci ha creato
e il Dio in alto che tende la mano ma non ci afferra
e scivoliamo via per terra
a romperci le corna tra di noi, a volte per forza
a volte per amore.

Fino a spremere ogni speranza come un limone
fino a ricominciare.
Non c’è limite alla cocciutaggine della vita.

PAOLO POLVANI

I campanili


Qui ci compete il chiarore delle piazze.
Questa è la mia terra: l'indicativo presente
delle cattedrali, il bagliore algebrico
delle pietre. Quanti orizzonti hanno sostato
nella traccia del vento intorno ai campanili,
e anche derive di costellazioni, e teorie
degli equinozi, la progressione aritmetica dell'ombra
e variabili per noi indecifrabili nel rimbombo
degli arcobaleni. Si dipana questa terra, si spiana
secondo un criterio orizzontale, per isobare
di vigne, per fragilissime ondulazioni di uliveti
che rendono ineluttabile l'incontro. Cosa
si addice ai campanili ? gli armistizi forse delle maree,
l' azzurro che li circoscrive e assorbe le parole
forse un andirivieni di passi, una cianfrusaglia di spaghi
e aghi e chiodi e un fruscio di becchi e legni
forse le spume del mare. I campanili si cibano di pioggia, della
diuturna consistenza della luce, si cibano
della meraviglia sempre in agguato dietro gli sguardi,
della nostra sgualcita precarietà, dell'incespicare
della vita in bilico tra una solitudine e un'altra solitudine,
si cibano dell'orizzonte che si allarga fin dove le campane
spandono un equatore splendido di suoni.