Oboe sommerso
Avara pena, tarda il tuo dono
in questa mia ora
di sospirati abbandoni.
Un oboe gelido risillaba
gioia di foglie perenni,
non mie, e smemora;
In me si fa sera:
l'acqua tramonta
sulle mie mani erbose.
Ali oscillano in fioco cielo,
labili: il cuore trasmigra
ed io son gerbido,
e i giorni una maceria.
se c'è la firma non c'è gusto a scriverne! però lo faccio lo stesso, e dico anche: non mi piace! tempo fa ho comprato tutte le poesie di quasimodo, le traduzioni dei lirici greci sono strepitose, mi piacciono anche quelle di milano durante la guerra, adesso non mi viene il titolo della raccolta, quelle di: e come potevamo noi cantare con il piede straniero sopra il cuore...e che finisce: alle fronde dei salici per voto anche le nostre cetre erano appese.(e oscillavano lievi al triste vento) (un pò alla volta mi torna alla memoria) ma poi quelle che non mi piacciono sono molte, per esempio questi sospirati abbandoni è insostenibile, come anche gerbido, che vuol dire gerbido? anche se trovo bellissima la terzina: in me si fa sera / l'acqua tramonta / sulle mie mani erbose
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaA me piace molto, anche se magari oggi lo stesso autore userebbe un linguaggio diverso e cambierebbe forse alcuni termini. Vero è che porta la firma e ciò la rende più difficilmente commentabile. Concordo con Paolo Polvani sulla bellezza della penultima terzina. Ma trovo molto belli anche gli ultimi versi, quelli del "gerbido".
RispondiElimina