OTTIERO OTTIERI

Vi amo


Tra i montarozzi di neve marcia
e i lenti spalatori del sud,
io vi amo non voluti figli,
figli non voluti dei figli.
Vi amo voi stessi perché esistete
e come strumenti che prolunghino
i pensieri buoni delle mie menti,
mi aggiornino sulla perduta
gioventù, sul mondo
che cavalca il Duemila.

8 commenti:

  1. Ciao.
    Sono molto commossa per questa poesia così luminosa, salto il giro delle le considerazioni estetiche a causa del mio stato estatico, esprimo la mia perfetta consonanza affettiva con il contenuto e ...a voi la parola
    susy

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  2. COMMENTO DI PAOLO POLVANI

    non mi piace: l'uso di parole di chiara provenienza dialettale, i montarozzi,
    per esempio, che mi fa pensare a pasolini, e non è una questione di snobismo o
    di puritanesimo linguistico, penso di non riuscire a spiegarmi, se si
    utilizzano termini stranieri per esempio, in assenza di un motivo specifico,
    nasce spontanea in me l'idea del colonialismo culturale cui siamo sottoposti in
    questa frazione di secolo, è difficile trovare articoli di giornale, anche di
    giornali seri e rispettabili, per es. repubblica, dove non affiorino termini
    anglosassoni, messi lì in qualità di preziosismi, le circolari che fa la banca
    sono quasi tutte in inglese, un mio collega è stato chiamato a un corso di
    specializzazione finanziaria che sarà tenuto direttamente in lingua inglese, le
    pizzerie non si chiamano più bella napoli, come anche i negozi, gli
    stabilimenti balneari, tutto risente di questa ventata di subordinazione
    culturale; qui siamo invece all'estremo opposto, montarozzi manifesta
    un'adesione emotiva esagerata, è una mia personale visione, a me in poesia
    piace sempre mantenere un'intercapedine, una distanza di sicurezza, è come
    quando da ragazzini mentre ballavi la fanciullina ti puntava i gomiti sul petto
    per impedirti ilcontatto diretto con le tette;

    non mi piace: figli non voluti, che cosa vorrà dire ? questa indeterminatezza
    mi crea disagio

    non mi piace: un utilizzo della lingua senza guizzi, senza invenzioni, senza
    bruschi cambiamenti di rotta

    mi piace: il tono tra il corrucciato e il profetico, mi piace lo sguardo che
    accompagna la dichiarazione d'amore, il richiamo alla gioventù perduta e il
    verso finale, quel cavalcare il duemila che sicuramente colloca questa poesia,
    almeno cronologicamente, tra gli anni 80 e i 90

    è una poesia che si colloca sul versante di una visione della poesia profetica
    e moraleggiante, sicuramente di ottimo spessore, di ottima qualità, cara
    certamente a chi alla poesia chiede il messaggio, il contenuto, io sento di
    appartenere alla schiera di quelli che alla poesia chiedono la frizione della
    lingua, i fuochi d'artificio dell'uso lessicale alternativo, non
    convenzionale, la porta che si spalanca sull'inaspettato

    mi piace: quella indeterminatezza che crea disagio

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  4. L'apertura emotiva testimoniata sul piano del contenuto avrebbe potuto trovare un riscontro più adeguato a livello espressivo. Si sente l'eco di un'emozione lumonosa verso l'umanità, ma questo eco giunge attenuato al lettore, che fatica a ridestare l'emozione, a rimetterla in vivo.

    matteo

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  5. Anch'io, come Paolo Polvani, sono restio ad utilizzare termini gergali, dialettali o stranieri quando non siano strettamente indispensabili. Trovo che in genere impoveriscano il testo e ne abbassino il livello. Ovviamente un discorso a parte meriterebbero gli scritti in cui il dialetto diventa "lingua", ma anche in questo caso - lo confesso - di solito mi accosto ad essi con un po' di prevenzione.
    Riguardo la poesia in questione, invece, non so dire perchè il termine "montarozzi" non mi infastidisce. Personalmente non l'avrei usato, così come non avrei scritto "vi amo voi stessi". Anche quest'ultima frase, tuttavia, non mi infastidisce; anzi, trovo che nell'insieme di questi pochi versi ci "stia bene". E' come quando ci piace un certo abito se indossato da un'altra persona ma noi non lo indosseremmo mai, non lo immaginiamo addosso a noi stessi.
    Mi piace l'abbraccio amorevole che esce da questa poesia, l'amore per i "non voluti figli", cioè per il Tutto, senza distinzione tra bello e non bello, tra "mi piace" e "non mi piace".
    Mi stupisce positivamente l'uso che viene fatto di termini forse ingenui (che io non avrei usato per i motivi di cui sopra): "pensieri buoni". Mi piace "le mie menti", che mi fa pensare a un uomo dalle tante facce (come in fondo siamo tutti) che si contraddicono l'una con l'altra (e qui mi ci riconosco tanto). Mi piace la nostalgia senza sofferenza di "mi aggiornino sulla perduta / gioventù", in cui vedo una profonda dolcezza. Infine vorrei aver scritto io il verso finale, epico e profetico: "sul mondo / che cavalca il Duemila".

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  7. Sottoscrivo il commento di Paolo Z.
    In definitiva l'apparente ingenuità formale è riscattata dall' abbraccio amorevole", come dice Paolo.
    L'espressione "pensieri buoni" secondo me è volutamente quasi infantile, per designare la semplicità delle cose positive.
    Buona fine settimana
    susy

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  8. Sono pienamente d'acordo com Matteo e Susina.
    Si presume un forte contenuto umano, ma non mi pare espresso con la stessa intensità.

    v

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