PAOLO POLVANI

Un sogno appeso ai fili dell'estate


Livorno si sdraia nel giubilo del sole, nella
lungimiranza dell'orizzonte, in grembo
alla generosità di maggio.

Che meraviglia questo mare che non rasserena.
Ci sono finiti dentro i nostri anni, e i nonni
ci si specchiano dal cimitero di Antignano.

Livorno recita la sua parte di spensieratezza
e di colline. In via Bonaini, al civico ventuno,
un bambino giocava accucciato al pavimento.

Sono qui a cercarlo, a cercare la sua mamma
giovane e bruna, che adesso è vecchia
e un po' farnetica. I filobus sferragliano
e Pancaldi è un sogno appeso ai fili dell'estate.

A volte una città diventa le tue gambe
parla come se fosse le tue mani, la sua
voce sono i tuoi capelli.

Anche quel bambino è invecchiato, e forse per via
di quell'accento arioso, un po' insolente
si è sentito perso, estraneo, dovunque, sempre.

Livorno è una vecchia fidanzata
che non dimentichi, ma poi gli anni, le piogge,
passano tanti treni. E il fruttivendolo ?

Si chiamava Brunero, gli rubavo le ciliegie.

10 commenti:

  1. mi piace molto: leggera, ariosa, nostalgica senza essere "una lagna" come dice valdo della mia. :-))

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  2. Per i miei gusti la trovo un po' didascalica nella prima parte. Mi piace invece molto da "A volte una città diventa le tue gambe...". In particolare trovo molto riuscito e toccante il finale, nella sua nostalgia. Mi piacciono soprattutto l'ultima terzina ed il verso finale.

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  3. Ad una prima lettura mi aveva colpito per l'originalità di alcuni accostamenti.
    Ma rileggendo mi sembra molto costruita e non mi dice più di tanto.
    E' probabile che sia l'opera di un autore noto di fine ottocento o inizi novecento.

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  4. mi pare un poesia su cui si potrebbe lavorare ancora in sottrazione: liberare i versi -riusciti- in cui le immagini "fanno" livorno dalle frasi in cui l'autore dice cosa è o cosa gli suscita la città.

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  5. Sono d'accordo con Matteo, mi pare ci sia "troppo", soprattutto nella prima metà. Continua invece a piacermi la seconda parte; in particolare, gli ultimi tre versi li trovo di una grande bellezza.

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  6. penso anch'io che ci sia qualcosa di troppo, comunque propendo per il secondo novecento, ma non famoso...

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  7. Paolo ... affancul... non ci sei mai vissuto a Livorno... e si vede :))
    Si sente che è costruita e non "ispirata" .

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  8. valdo, ci sono vissuto cinque anni e ogni tanto ci torno, è così poco ispirata che ne ho scritte almeno tre o quattro molto simili:)

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  9. Quando si desidera non trascurare nessun particolare di qualcosa che ci sta a cuore,forse si carica troppo.Però,la descrizione è molto gradevole,serena e,quel bambino che ruba le ciliege,è molto poetico.Racchiude in se,tutta l'autenticità di un luogo caro e i suoi ricordi.

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