ELVIRA MANCO

Una telefonata


Ti informo che sto destrutturando
il vivibile. Il disegno non s’incastra.
Ho da coprire uno spazio di ore
con la sequenza soffocante dei minuti.
Ti informo che non ascolterò
le inezie della tua giornata né
farò finta di non sentire
che la tua linfa scorre altrove.
Mi lascerò incancrenire nell’istante
in cui mi dici che tutto va bene
e che non c’è bisogno di urlare.
Mi lascerò murare dietro
la tua porta chiusa se questo
può servire a lasciare un segno
l’indicazione di un passaggio.
Ti informo che sono qui e non
mi muoverò fino alla fine dei
miei giorni che il passare delle
stagioni logorerà prima i miei abiti,
la pelle, mi lascerà cadere ciocche
di capelli, fiocchi di emozioni,
resterò scarna ed essenziale come
fossile inglobato nella roccia.
Ti informo che sono a casa.
Che la mia casa è un punto
preciso nella mia anima.
Che la mia anima se n’è andata.

15 commenti:

  1. A me piace tutta.
    E' molto "ricca", ho bisogno di rileggerla molte volte.

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  2. Ci sono alcune parole che non mi piacciano, anzi le considero sbagliate.
    Per esempio "destrutturando" o "incancrenire"

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  3. a me piace il ritmo, scandito dalla reiterazione di: - ti informo -, mi piace il linguaggio, che trovo pratico ed essenziale, sorge anche in me il dubbio sulle parole evidenziate da valdo, destrutturando e incancrenire, però alla luce della finalità concreta della poesia - ti informo - e che il disegno non s'incastra, e che rimarranno inascoltate le inezie della giornata del destinatario, e che la sua linfa scorre altrove, insomma in questa precisione dei dettagli a corredo, - ti informo - anche parole con alto tasso di prosaicità, come incancrenire e destrutturando, riescono a inserirsi in un insieme coerente.
    trovo che la colonna portante della poesia siano gli ultimi quattro versi, molto belli nella desolata dichiarazione finale.

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  4. questa poesia dà il meglio di sè quando il poeta fa parlare le cose, fa accadere le emozioni, non le racconta, ma le consegna a un nuovo accadimento nel corso della lettura: sicuramente funziona il climax ascendente, ritmato e sempre più intenso, che ci porta in un luogo alla fine, che è al tempo stesso il massimo della definizione (la mia casa è un punto nell'anima) e dell'indeterminatezza, dell'assenza (la mia anima se nè andata).

    MI pare una poesia che mette in tensione la perseveranza, da un lato, e l'acutezza di uno sguardo a cui non passano inosservate le mancanze di cui si riempie il tempo, nel mentre in cui si persevera in un progetto, nella realizzazione di un rapporto.

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  5. Ho provato a rileggerla. Ma mi sembra una gran lagna.
    Pesante e introversa, tutta una serie di informazioni vittimistiche...
    a qual fine?
    Manca la cosa più importante: La vita.
    Dunque manca la poesia.

    Come sono cattivo oggi. :)

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  6. Io invece trovo che sia piena di vita, o, per meglio dire, di quegli aspetti della vita che più spesso confondiamo con la non-vita. E penso anche che la poesia sia, a volte (spesso), dolorosa e "scarna ed essenziale come fossile inglobato nella roccia".
    L'informazione che mi danno i primi due versi sono come un pugno nello stomaco: "Ti informo che sto destrutturando / il vivibile. Il disegno non s’incastra". Un pugno nello stomaco che toglie il fiato, che è vivo e che fa male sia a chi lo sferra che a chi lo incassa (sempre che la linfa di quest'ultimo non scorra altrove) e non per questo non è poetico. In questo contesto non trovo affatto fuori luogo la parola "destrutturando".
    Gli ultimi quattro versi fanno forse ancora più male per l'atto di accusa e di condanna che rimane sottinteso: "io sono a casa, mi trovo in quel punto preciso dell'anima in cui ci saremmo dovuti incontrare. Tu dove sei?".

    Guarda un po' quanto possono essere differenti le reazioni agli stessi versi :-)
    Mi piacerebbe sentire il parere dell'autore/trice.

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  7. Grazie Paolo: vedere le cose in modo diverso è un "valore aggiunto".
    Provo a rileggerla. Ho provato a rileggerla. Sì, gli ultimi verso sono molto intensi , potenti e belli.
    L'insieme continuo a vederlo "chiuso su se stesso" giudicante rispetto all'altro, chiunque sia, che ha il diritto di scorrere dove gli pare ( o dove, poveretto, riesce).

    "Ti informo che sono qui e non/mi muoverò fino alla fine dei/miei giorni ... "

    Alcune combinazioni sono davvero belle.
    Interessante vedere come noi leggiamo e interpretiamo in base al nostro vissuto.
    Io ci leggo, sento, una cocciutaggine estrema. E la cocciutaggine è chiusura. Chiusura rispetto alla vita che non sempre scorre come a noi piacerebbe che andasse.
    E non è detto che sia la vita, o gli altri, che sono finiti fuori pista.
    Insomma mi pare ci sia un certo masochismo, un desiderio di sfogarsi.
    O meglio; un naturale sano bisogno di sfogarsi.
    Quando mi succede di scrivere una poesia sfogo, se me ne accorgo la tengo per me. Mi serve molto, serve a me, è molto utile. Se non me ne accorgo allora è inutile che io l'abbia scritta.
    Continuo ad essere cattivo... chissà perché.

    C’è tuttavia quell’ ultimo verso che potrebbe salvare tutta la poesia.

    “Che la mia anima se n’è andata”.

    Basta non la leggo più, altrimenti va a finire che mi rimangio tutto. ☺

    Sì. L’ultimo verso è una vera liberazione, talmente potente che rigenera
    e giustifica tutto il resto, a parte un paio di parole.

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  8. Leggendo i vari commenti, mi è sorta una domanda: di cosa deve parlare una poesia per essere definita tale? Valdo scrive: manca la cosa più importante: la vita. Ma l’introversione, il vittimismo, persino la cocciutaggine, non sono aspetti della nostra umanità e, quindi, della vita? Anche la poesia sfogo può essere poesia, dipende da come è scritta, secondo me. E mi piacerebbe leggere le poesie sfogo di valdo, perché la bellezza di una poesia nasce spesso dal dolore, dal pessimismo e, perché no, anche dal vittimismo. Questo è quello che penso io, e mi è venuta in mente una metafora buddista sul fiore di loto: quanto più profondo e denso è il fango, tanto più bella è la fioritura del loto.

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  9. Ciao Elvira, in effetti non credo sia "l'argomento in se" il termine di valutazione una poesia.
    In questo momento storico io sono interessato ad un tipo particolare di poesia. Ciò non vuole negare le mille per diecimila facce della poesia.
    E ognuno ha le sue motivazioni rispetto allo scrivere.
    Questa poesia in effetti è molto intensa, piena di emozione. A tratti mi appare dura, cocciuta, chiusa inse stessa.
    C'è indubbiamente una incazzatura, un attacco verso l'esterno.
    Mi pare tuttavia che a tratti qualcosa si apre. E' la bellezza di alcuni versi a generare questa apertura?

    Ritorno all'ultimo verso.
    C'è una distensione, "una resa" un arrendersi liberatorio. Almeno per me lettore. Un superare l'io confine, un andare oltre. Un andare via (senza valigia)
    Per me è questa la poesia; andare oltre ...
    O almeno provarci.
    La poesia come sfogo, è pericolosa.
    Per quanto riguarda il fiore di loto io non lo vedo come una celebrazione
    della sofferenza ma come una celebrazione della "trasformazione".
    Può la poesia trasformare il veleno in medicina?
    Secondo me sì. O comunque ci deve provare, deve andare in quella direzione.
    E a me pare che questa poesia alla fine ci riesca. Nell'ultimo verso.
    Mi piacerebbe anche a questo punto sapere chi è l'autore e che ne pensa.
    Fra l'altro questa poesia ha il potere di far nascere in me una simpatia e un affetto notevole per chi la scritta e non è poco.
    Oh, se riusissi io mai a far nascere un pò d'affetto in un lettore come ne sarei contento.

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  10. ciao valdo, la poesia è mia ed è bello sapere che ti ha suscitato simpatia e affetto! grazie. è una poesia che ho scritto circa dieci anni fa ma il sentire che me l'ha ispirata non è cambiato, nel senso che penso anora oggi che un rapporto (d'amore, d'amicizia) possa nascere e/o svilupparsi talvolta grazie anche a quella che tu definisci cocciutaggine e io detewrminazione. a volte qualcuno fugge dai sentimenti importanti e può essere allora necessario che l'altro rimanga fermo e deciso nell'attesa (anche un pò incazzato, certo). rispetto il tuo punto di vista e capisco che la tua ricerca poetica vada in altra direzione, io continuo a pensare che anche la poesia sfogo può essere bella e che il loto, come giustamente dice, è una metafora che celebra la capacità di trasformare il veleno in medicina ma, prima che la trasformazione abbia luogo, c'è da sopportare il veleno... fa parte della poesia della vita.

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  11. scusate, rileggendo i commenti precedenti, ho pensato di aggiungere una considerazione come risposta ad alcune sollecitazioni. i termini "destrutturando" e "incancrenire" sono assolutamente intenzionali e, come scrivono paolo p. e paolo z., coerenti col senso della poesia. cosa può portare l'essere umano a smontare pezzo per pezzo la struttura, le fondamenta di tutto ciò che rende vivibile l'esistenza? la parola destrutturando deve dare l'idea di un lavoro e un lavorìo che, per non diventare disperanti, devono essere materiali, fisici, sfibranti. ho usato incancrenire perchè quando una parte del corpo resta ferita e infetta, se non viene curata va in cancrena e deve essere questa parola dura a suggerire la necessità evidenziata dai versi finali: dalla cancrena ci si salva tagliando l'arto infetto, nel caso specifico, allontanandosi dall'anima che si è ammalata.

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  12. Ciao a tutti. Avevo scritto un commento, giorni fà, ma non è partito. Mi era piaciuta molto per la rabbiosa determinazione che esprimeva.
    Poi però l'ho riletta, e mi sono convinta di due cose:
    primo, mi ha comunicato una grande simpatia ed altrettanta solidarietà per chi l'ha scritta;
    secondo, questa emozione è una bella cosa per stabilire legami affettivi con l'Autrice, ma non basta per farmi apprezzare la composizione precedente in qualità di poesia.
    E' troppo appesantita da quel veleno di cui parla, mi sembra, Valdo. Il veleno va bene se è distillato, se diventa l'essenza del veleno, se porta ad un superamento dell'emozione contingente per diventare L'IDEA STESSA DEL VELENO, insomma il sentimento che tutti possiamo condividere.
    In definitiva, secondo me, non esce dall'episodio personale, non si eleva a diventare messaggio ed espressione di sofferenza in cui ognuno si possa riconoscere.
    E' un biglietto di rabbia lasciato sul tavolo, scritto con grande maestria dalla mano di un'artista capace di esprimersi, ma non credo che sia poesia.
    E adesso non ricominciamo a spaccare i capelli delle cozze pelose per decidere cosa è poesia e cosa non lo è, non sono un critico e non ho in tasca la definizione, ma secondo me questa composizione potrebbe essere un ottimo punto di partenza per scrivere qualcosa di meno concreto e personale.
    Insomma sono d'accordo con chi dice che è uno sfogo.
    E tutto questo lo dico, come sempre, accompagnato da un "secondo me" grande come un grattacielo.
    ciao a tutti
    susy (rosaria fiore)

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  13. Mi sono resa disponibile a costo della pelle... ma oltre no. Ho recuperato tutta me stessa, e mi sono ritirata in buon ordine..ora resta un corpo solamente senza anima. L'anima l'ho portata a casa, a casa sua. Nel menage di prima non c'era piu' aria buona per lei. Bell'esempio di incomprensione. Mi fa venire in mente tante situazioni di morti che camminano....

    -paolaebasta-

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