DEREK WALCOTT

Mezza estate, Tobago



Larghe spiagge lastricate dal sole.

Calore bianco.
Una fiumana verde.

Un ponte,
gialle palme bruciacchiate

giù dalla casa in letargo estivo
appisolata per tutto l'agosto.

Giorni che ho stretto
giorni che ho perduto,

giorni che sono troppo grandi, ormai, come figlie,
per rifugiarsi nel porto delle mie braccia.

4 commenti:

  1. Trovo che tutto il componimento sia preparatorio ai due versi finali. Le spiagge "larghe", la "fiumana", il "calore bianco" che scotta e abbaglia già solo a leggerne, mi sembrano efficaci metafore di ciò che non si riesce più ad abbracciare.
    La trovo molto toccante nella sua apparente semplicità e trasparenza.

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  2. La nostalgia. Restiamo spesso "attaccati" alle cose, alle esperienze, ai ricordi. Ma tutto cambia, si può vivere l'attimo ma non fermarlo.
    Come i figli appunto che diventano grandi e non possiamo più tenerli
    accoccolati sulle ginocchia, anche se a volte ci piacerebbe ...

    VALDO

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  3. "giorni che ho stretto, giorni che ho perduto", leggendo questa poesia si comprende come la semplicità non è sinonimo di banalità.leggendo questi versi sembra di guardare una di quelle foto-ricordo che risultano emblematiche di un momento particolare della nostra vita.

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  4. L'intensità del ricordo,si propone sempre come un paesaggio ideale.Forse perchè il ricordo si vive e si ama come fosse un luogo di residenza dell'anima."Il figlio" è qualcosa che ci appartiene e ci apparterrà sempre.Nei suoi confronti,più che nostalgia,emerge un senso di rassicurante continuità,volta a salvare,l'identità,anche se malinconicamente.

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